ITALIA DELL'ACETO


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Aspro, sì, ma non solo…


La regola è semplice: migliore è il vino di partenza, migliore è l’aceto che si ottiene. In Italia, infatti, l’aceto è soprattutto di vino e il suo colore deriva, appunto, dal paladino di Bacco di partenza.
Ma è impossibile parlare dell’aceto italiano se non si inizia dal “Balsamico Tradizionale di Modena” e dal “Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia”: entrambi insigniti del marchio Dop, non si ottengono dal vino ma dal mosto cotto, posto ad acetificare per tempi lunghissimi in botti di legno sempre diverse e l’invecchiamento può durare decenni. Sono fra gli indiscussi tesori della gastronomia nazionale con caratteristiche specifiche legate alla materia prima e alla particolare lavorazione. Quello che distingue il “Balsamico” dagli altri aceti, infatti, non è soltanto la materia dalla quale è ottenuto, sono piuttosto l’alchimia del tempo nonché la sapienza di una tradizione che vanta origini antichissime.



Di colore bruno, scuro e lucente, sprigiona un profumo complesso e si distingue per l’inconfondibile sapore agrodolce con note vellutate. Non è da confondersi con l'Aceto Balsamico di Modena IGP, che è un vero e proprio aceto di vino. Quello che vale per il vino, poi, vale anche per il miele: un’ottima materia prima è la base per un aceto di qualità superiore.
Un concetto che sta raccogliendo sempre più proseliti e che vede un incremento nella produzione di aceto di miele: in un Paese come l’Italia che vanta un’apicoltura all’avanguardia e fra le migliori al mondo non poteva mancare questa chicca. Si ottiene dall’idromele, il prodotto della fermentazione alcolica naturale del miele in acqua e dopo pochi mesi di stagionatura è pronto un prodotto profumatissimo, delicato di sapore e che mantiene anche i componenti tipici del miele di partenza. Questo aceto si esprime al meglio se accompagnato nelle preparazioni di pesce in carpione, è apprezzabile sui crostacei o sulle insalate di frutti di mare e conferisce freschezza anche alle zuppe di verdura.
Passiamo ora ai cosiddetti “aceti di frutta”, capitanati dall’aceto di mele: ottenuto dalla fermentazione del sidro, si presenta con un colore dorato e un gusto più delicato rispetto all’aceto di vino grazie alla minor presenza di acido acetico e può essere utilizzato anche in sostituzione del limone nella preparazione della maionese. La fantasia italiana, però, non finisce qui. Morbidezza, rotondità e aroma particolari sono tutti da apprezzare nell’aceto ai frutti di bosco, talvolta utilizzato insieme a un buon vino spumante – ne bastano poche gocce di quello a bassa gradazione – così come in quello ai lamponi, che vengono raccolti durante i mesi estivi e poi sottoposti a una fermentazione naturale prima di essere trasformati in un aceto dal profumo intenso e dal colore rosso vivo.



Nel contesto degli aceti di vino aromatizzati la scelta è ampia: si inizia con quello particolarmente pregiato al tartufo per proseguire con gli aceti dal retrogusto al limone, al rosmarino e al dragoncello, messi a macerare direttamente o aggiunti in infuso. L’aceto alle erbe fini è particolarmente apprezzato per le salse, quello al dragoncello per accompagnare carni di sapore delicato, quello al basilico si accosta egregiamente con le insalate di pomodoro mentre l’aceto al pepe nero, deciso e un po’ piccantino, è ideale per chi ama i sapori forti.


Lo sapevate che...
L’aceto balsamico è così pregiato da vantare un museo, il Museo del Balsamico Tradizionale di Spilamberto, in provincia di Modena: un vero e proprio percorso del gusto da seguire nelle sale del museo per scoprire tutte le fasi che portano sulla tavola il Balsamico, elisir che riassume in sé la storia di un lembo d'Emilia Romagna.

 


Luciana Francesca Rebonato

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